PALAZZO DE LEVA

Il Palazzo è sede del Centro Studi sulla Contea di Modica da novembre 2011 ed è stato concesso dall’attuale proprietario, l’ing. Carmelo Avitabile De Leva, sotto forma di locazione simbolica all’associazione che si è distinta negli anni per la conservazione e la tutela dei beni culturali ed architettonici della città.
IL CASATO La famiglia De Leva ha origini spagnole. Leyva, infatti, è un paesino del Lo Grogno, tra Navarra e Castiglia. Il rappresentante più noto è certamente Antonio De Leva (vissuto fra il 1480 ed il 1536), che si distinse in varie battaglie contro Francesco I, re di Francia, specie in quella di Pavia del 1525. Antonio De Leva fin dal 1513 si stanzi a Milano, dopo averla conquistata. Ci gli valse il titolo di Conte di Monza, a cui fu aggiunto quello di principe di Ascoli. La nipote, Marianna de Leyva, è la famosa Monaca ricordata dal Manzoni con il nome di Gertrude. A Modica la famiglia si insedi nella prima metà del Cinquecento con il capostipite del casato Calcerando (o Calcerano) De Leyva, e ha assunto nel corso dei secoli ruoli di rilievo nella vita amministrativa, economica e politica della città. Di lui, originario della Spagna, morto, secondo il testamento da lui redatto, il 18 Maggio 1552, le fonti documentarie ci riferiscono che prima del 1519 aveva sposato una certa Giovanna. Successivamente, divenuto noto come benestante e come soldato a cavallo, partecip , arruolato nel contingente di truppe siculo-spagnole, alla spedizione promossa dall’imperatore Carlo V nel giugno del 1535 contro Tunisi, difesa dal famoso capo musulmano Barbarossa. Ci è attestato nel privilegio onorifico di ‘Milite e Cavaliere aurato’, concessogli da Carlo V d’Asburgo nel 1550, con provvedimento del Viceré Giovanni De Vega. Per il suo prestigio tra i cittadini di Modica, Calcerano fu eletto fra i rappresentanti dei ‘ministeriali’ (uno dei tre ceti cittadini; l’altro era quello dei ‘gentiluomini’ e il terzo quello dei ‘borghesi’), per il Quartiere del Casale. E’, quindi, uno dei dodici Membri del Consiglio comunale della Città. Un altro rappresentante di rilievo della famiglia fu Silvestro De Leva, vissuto tra il ‘700 e l’‘800, una figura di primo piano a Modica che ricoprì incarichi prestigiosi, tra cui quella di avvocato fiscale del Conte.  Fu il primo a detenere il titolo di Barone, dato che i Leonfante, titolari della Baronia, con cui i De Leva si erano imparentati, non lasciarono eredi. Fino a quel tempo, i De Leva avevano abitato nel quartiere Casale. Il Barone Silvestro, proprietario per lascito dei ruderi postterremoto, costruisce il Palazzo.

Lo stemma della famiglia, oggi visibile nel cortile del palazzo, presenta una torre aperta circondata da tredici stelle (qui, in realtà, sono quattordici a causa di una modifica arbitraria dello scalpellino che lo realizz ). Nella facciata del Palazzo campeggia invece uno stemma “a quattro”: 1 – in alto a sn.: stemma della famiglia De Leva 2 – in alto a dx: stemma della famiglia Ascenzo (foglie di assenzio) 3 – in basso a sn.: stemma della famiglia Leonfante (elefante) 4 – in basso a dx: tre leoni passanti (rimandano allo stemma della Famiglia Reale inglese con cui i De Leyva si erano imparentati nel Trecento)
IL PALAZZO Nel cortile d’ingresso campeggia lo splendido portale, un elegante esempio dello stile goticochiaramontano che si afferm in Sicilia per tutto il XIV secolo.
Si tratta certamente di una delle più antiche e significative tra le persistenze monumentali gotiche di Modica, con gli archi di una grande ogiva scolpiti a tre ordini, caratterizzati dalle peculiari decorazioni geometriche a zig zag e a foglie di acanto a completare la fitta trama di ricchi arabeschi. Era con molta probabilità la porta d’ingresso di una chiesetta dedicata ai Santi Filippo e Giacomo, come fa pensare una piccola finestra circolare che sormonta il portale. Ai lati, si notano due paraste, in alto il timpano e la base di un campanile a vela. La chiesetta, sopravvissuta al terremoto del 1693, sarebbe poi divenuta cappella privata della famiglia De Leva e incorporata nel loro Palazzo settecentesco. L’arco fu ricostruito con gli stessi materiali scampati al terremoto come fanno rilevare alcuni conci e alcuni elementi decorativi che non hanno mantenuto la simmetria.
Dopo la cappella settecentesca si accede ad un ambiente di raccordo che conduce ai vani di servizio (“i bassi”) parzialmente scavati nel banco roccioso. Qui sono due ambienti, utilizzati come scuderie, che presentano al soffitto lo stemma di famiglia e lungo le pareti resti di finestre e di strutture trecentesche. La grande sala che segue, in origine, era un orto aperto che nel ‘700 venne chiuso per farne un granaio e pavimentato in pietra asfaltica. Qui, verso l’uscita, si notano altre strutture preesistenti riferibili alle case sulle quali fu edificato il Palazzo.