La chiesa rupestre di S. Nicolò Inferiore costituisce un unicum nel panorama della Sicilia medievale per il suo palinsesto pittorico, per i tipi iconografici e le complesse trasformazioni subite nel corso dei secoli. Scavata per intero nella roccia, San Nicolò, detta “Inferiore” perché sita a Modica bassa, fu chiesa parrocchiale del quartiere grecofono altomedievale della città e rappresenta, oggi, la maggiore testimonianza di architettura in negativo del periodo deutero bizantino nel Val di Noto. La presenza dell’iconostasi e del syntronon darebbe ragione persino di una chiesa di rito orientale da datare intorno al 9 °secolo.

L’ingrottamento della chiesa, a causa dei crolli da attribuire al terremoto del 1693, risulta amputato nella parte anteriore e obliterato dalla ex chiesa in muratura di Santa Nicolella, oggi adibita a garage, che già a partire dai primi del 600 ne occupò in parte l’aula, risparmiandone l’abside. L’attuale impianto ha una lunghezza totale residua pari a m 9 circa, con le pareti laterali rinzeppate da una struttura muraria ad opera incerta con malta e calce. L’impianto è concluso a NE da un ampio emiciclo absidale, largo m 6,60 e profondo m 3,80, lungo il quale gira il sedile perimetrale o synthronon con cattedra al centro. Cinque pilastri in muratura del camerone ipogeico, in prossimità dell’abside, sono da riferire a due diversi interventi di rafforzamento statico della volta piana della chiesa rupestre sulla quale poggiano delle abitazioni dell’800.

Il suo ciclo pittorico, da riferire probabilmente all’11°, 13° e 16° secolo, testimonia il passaggio dal rito greco ortodosso a quello latino.

Allo strato più antico, i cui resti si conservano nell’emiciclo absidale, appartengono delle raffigurazioni accompagnate, talora, da tracce di didascalie in greco, la cui scena risponderebbe alla raffigurazione dell’Ascensione: procedendo da destra si riconoscono due santi vescovi; la parte anteriore di due cavalli affrontati, pertinenti a Santi Cavalieri; un santo, forse San Michele, che con una mano regge un globo crucigero; San Pietro con un rotolo e tre chiavi in mano; un santo monaco. Al centro del catino absidale, nella parte alta, si conserva la raffigurazione del Pantokrator assiso in trono, inserito all’interno di una mandorla marginata da linee ondulate concentriche e sorretta da quattro angeli con ali spiegate. Benedice con la mano destra, con la sinistra tiene un rotolo. Poco più in basso, su uno sfondo stellato, si snodano da un lato e dall’altro delle teorie di Apostoli, quasi tutti con il volto rivolto verso l’alto.

Al secondo ciclo pittorico appartengono invece:

  • un Santo vescovo (San Nicola o Sant’Eligio), provvisto di una bassa mitra, con mano destra benedicente mentre con la sinistra regge il pastorale desinente a protome equina;

  • San Michele Arcangelo, in atto di psychostasia, ovvero di pesare le anime, che tiene anche un globo con croce;

  • Cristo Pantokrator, assiso in trono all’interno di una mandorla sorretta da due coppie di angeli. Il volto, giovanile e malinconico, inquadrato da una fitta chioma, è affilato, quasi emaciato. È ritratto nell’atto di benedire e con la sinistra tiene il Vangelo aperto su GV 8,12;

  • La Vergine Theotokos, del tipo dell’Hodigitria, seduta in trono, che regge con la mano destra il Bambino posto sulle sue ginocchia. Il Bambino stringe un rotolo e benedice.

  • Un Santo monaco, dai capelli bianchi lunghi e fluenti. Indossa una tonaca marrone, con il cappuccio visibile sulle spalle e si appoggia a un corto bastone.

  • Un giovane santo, accompagnato dalla didascalia “DELL LIBER” che lo fa riconoscere come San Vito, invocato per la liberazione dalle malattie nervose. Il volto e l’acconciatura dei capelli presentano tratti tipici dell’età angioina.

  • San Pietro, benedicente, stringe una cordicella da cui penzolano due chiavi.

Immediatamente a destra dell’abside è appena riconoscibile un’altra raffigurazione della Theotokos, in gran parte distrutta dall’apertura della nicchia rettangolare, destinata a fonte battesimale.

Nell’angolo NO, a lato dell’abside, si riconosce una testa nimbata capovolta dal viso largo e pieno con una fronte corrucciata ed una barba grigiastra che fa riconoscere il martirio di San Pietro.

San Nicolò, vescovo nella foggia orientale, è raffigurato nella parete sinistra della chiesa.

Tra gli interventi successivi merita di essere segnalato il pannello con San Giacomo, risalente al XVI secolo. Il corpo del Santo, tagliato a pezzi, è grondante di sangue. Il nimbo, sorretto da due angeli, contiene la didascalia in volgare: “SANTU JACUBU IN TRANCIS”.

Al di sotto del cavedio, tracce di un polittico con almeno tre personaggi: si distingue un vecchio seduto, forse identificabile con San Nicola nell’atto di dare udienza a una povera vergine.

Cinque tombe (quattro orientate Est-Ovest, una in direzione Nord-Sud) sono scavate al centro della navata e risalgono probabilmente all’ultima fase architettonica. Quella centrale costituirebbe un ossario con volta a botte.

Un primo intervento della Soprintendenza si è svolto nel 1988, con una prima campagna dedicata soprattutto alla pulitura e all’eliminazione, con bisturi, della biacca che ricopriva gli intonaci dipinti nel catino absidale. Rimangono da conoscere, ancora, i pannelli decorativi di epoca più tarda, sulla parete destra della chiesetta, e i cicli pittorici più antichi dell’abside.

Gli Affreschi

Bando "I Luoghi del Cuore" - FAI

Restauri 2022/2023

Restauratrici:
Gaetana Ascenzo
Valeria Mallia

Restauri 1993